A marzo 2020, l’epidemia da COVID-19 aveva già raggiunto più di cento paesi ed era ufficialmente passata allo status di pandemia. Il mondo ha combattuto questo virus senza precedenti per un anno intero. Oltre ai suoi ovvi effetti sulla salute e sull’economia di interi paesi, la diffusione della malattia ha innescato improvvisi e radicali cambiamenti nella vita quotidiana di milioni di persone. Il lavoro e lo studio si sono spostati in casa, le videoconferenze hanno sostituito gli incontri sociali e di lavoro. La migrazione massiccia al mondo online ha solo aggravato le preoccupazioni già esistenti relative alla cybersecurity.
Minacce alla cybersecurity e smart working
Il principale cambiamento nella routine lavorativa è stato probabilmente il passaggio forzato allo smart working. Secondo il nostro sondaggio globale, condotto ad aprile 2020, quasi la metà dei 6.000 intervistati non aveva mai lavorato da casa prima. Nonostante ciò, nel 73% dei casi, i datori di lavoro non hanno organizzato alcuna formazione speciale su come utilizzare in modo sicuro le risorse Internet aziendali, che avrebbe potuto ridurre il numero di incidenti causati dal fattore umano. La minore supervisione da parte degli esperti IT aziendali di dispositivi, software e azioni degli utenti ha portato a un aumento dei rischi.
I dipendenti hanno spesso utilizzato account personali su servizi gratuiti come Google Docs per collaborare su documenti e scambiare file. Questi servizi generalmente mancano della gestione centralizzata dei diritti, che permetterebbe loro di proteggere i dati riservati.
Falsi rimborsi per il COVID-19
I truffatori hanno inviato nel 2020 un numero cinque volte maggiore rispetto all’anno precedente di e-mail dannose inerenti ad aiuti economici. I messaggi ancora una volta sostenevano di provenire da enti governativi, dal Fondo Monetario Internazionale e persino dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.